Arte di serie B...
Non sei un paesaggista o un ritrattista puro, non segui una corrente di pensiero artistico-filosofica? Ti piacciono le cose molto colorate e non ti rifai ad uno stile ma dipingi nel modo che sai fare immaginando il soggetto e mettendolo sulla tela, come ti viene? Non basta.. ancora un paio di connotazioni.. ti senti incompreso visto che molti non capiscono e non apprezzano la tua arte? Sei talmente circondato dai tuoi dipinti al punto di non saper più dove metterli?
Se stiamo parlando di te, sei un artista Naïf.
A parte le battute, quanto a dipingere è inutile girarci intorno: la pittura è un dono. Dalle scuole materne in poi, sui banchi di scuola e non, abbiamo disegnato nelle ore dedicate alle espressioni artistiche imparando a dominare il segno, la pressione, il colore, nel tentativo di imitare una figura oppure semplicemente colorando quelle già pronte, inventandoci magari improbabili accostamenti.
Poi la vita ci divide un po’ dall’arte così che a matite e pennelli ci rimangono attaccati quelli cui sentono il bisogno di esprimersi dipingendo, di entrare in un mondo in cui le dimensioni obbligate dell’emisfero sinistro del cervello perdono contorno e liberano grandi le possibilità di percepire l'esterno senza troppi vincoli logici.
Dipingere è un dono, lo stile è quanto di più personale si possa avere. Chi ce l’ha non deve sciuparlo, può affinare lo stile provando piacere nel farlo, trovare la sua strada nella pittura.
Altro è il mondo di chi guarda. Il giudizio estetico nasce con l’uomo, il gusto si conforma alle esperienze della propria esistenza. Quelli più dotati di vocabolario diventano critici ma soltanto chi sa rispettare l’espressione artistica sa bene che il segno, il colore, la composizione, sono frutto di un intento narrativo interiore che non è possibile giudicare.
Inutili spesso le loro goffe classificazioni per cui un artista deve essere inserito in una corrente, in uno stile. Questo mestiere lo fa il contesto temporale, il luogo, le spinte sociali. Non i critici che sono autorevoli quando riescono a leggere, prima di altri, gli scenari del quotidiano e capire come gli artisti ne interpretano gioie e sofferenze.
Affibbiare ad un artista l’etichetta di pittore “Naïf” significa soddisfare quel bisogno di classificazione e di ordine che proprio la pittura invece viene a sovvertire, raccontando l’intimo desiderio di vita che chi dipinge ha dentro. Banalizzarlo con questo termine, mutuato dal francese e che si può tradurre con i termini italiani “ingenuo”, “primitivo”, “puro”, può servire solo alla produzione di cataloghi o per comporre una storia dell’arte che risponda a requisiti di ordine temporale.
Così, per la critica, l’arte Naïf è un segmento distinto dell'arte del ventesimo secolo che non viene considerata una vera e propria corrente, poiché comprende artisti di diversa provenienza, diversa cultura e diverso stile che sono stati raggruppati in questa definizione per il loro atteggiamento espressivo nei confronti dell'opera.
...oppure no?
L’artista naïf segue il proprio impulso naturale senza seguire complicate filosofie o schemi pittorici tecnici, nè si adegua ai fenomeni artistici del momento. La sua è una produzione quasi mai sorretta da una vera e propria formazione professionale o comunque scolastica, si tratta piuttosto dell’espressione di una creatività istintiva che non trova posto all'interno di una qualche corrente artistica o di pensiero.
Il fatto stesso di voler definire uno stile dichiarandone le caratteristiche ha fatto sì che, paradossalmente, ne sia nata comunque un'accademia, una sorta di manierismo educato sviluppatosi fra questi artisti. In pratica, oggi, esiste una "scuola" di artisti naïf e questo stile viene accettato e criticato anche positivamente.
L'attuale termine Naïf ha il suo momento di ufficialità nel 1964, con la mostra, “Le Monde des Naifs” tenutasi al Musée National d’Art Moderne di Parigi.
Dal punto di vista della storia dell'arte, sono in molti ad indicare che la pittura Naïf può vedere le prime opere nei quadri di Henri Rousseau (detto il doganiere) esposti al Salon Henri Rousseau - Il sogno des Indépendants - del 1886. Tra i maggiori protagonisti della pittura Naïf in Italia e non solo ricordiamo ovviamente Antonio Ligabue (vero nome Antonio Laccabue nato in Svizzera nel 1899 e morto in Italia a Gualtieri nel 1965). Molti altri pittori e pittrici hanno dipinto in questo modo, liberando così spazi di ricerca nell’espressione che hanno trovato molteplici strade e numerosi estimatori.
Le caratteristiche dell'arte naïf si basano su una strana relazione tra le qualità formali del dipinto; ad esempio, le difficoltà nel disegnare e nel rendere la prospettiva risultano affascinanti e insolite e spesso offrono una visione nuova. Un marcato uso di schemi, il colore non curato o non ben rifinito e la semplicità, piuttosto che la sottigliezza sono i cardini, i punti chiave dell'arte naïf. È diventata tanto popolare e riconoscibile che si è già divisa in sottostili, correnti e personalismi. Questa è la pittura dei tempi moderni, ed è un bene che sia così. E non è più, ammesso che lo sia mai stata, un arte di serie B..
L'artista Naïf segue il proprio istinto, dipinge per se stesso esprimendo senza compromessi la sua visione realistica e poetica, fantasticando ed accentuando le forme e la realtà. La pittura Naïf è costituita da un'esecuzione elementare e semplice e racconta in modo fiabesco scene di vita quotidiana, con un ricco accostamento di colori, usati generalmente puri.
Non ha un legame immediato con il mondo culturale, sia esso accademico o d’avanguardia, e non s’inserisce neppure in una tradizione di tipo artigianale, distinguendosi anche dal dilettantismo e dalla pittura dei bambini. Professata da autodidatti molto spesso di modesta estrazione sociale, quest’arte tende a rappresentare gli aspetti comuni della vita quotidiana in una visione poetica e magica della realtà.